Fake news: l’ultimo algoritmo è un essere umano

E’ della scorsa settimana l’affermazione di Evan Williams fondatore del social media Twitter: “Un tempo pensavo che, se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi liberamente e scambiarsi idee e informazioni, il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore. Mi sbagliavo”.

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Evan Williams, fondatore di Twitter

Questa dichiarazione riapre ancora una volta il discorso di come i canali di informazione sul web siano il luogo dove maggiormente si diffondono le cosiddette fake news. Dal momento che il fine unico delle fake news è raccogliere un alto numero di condivisioni e like, i siti web sono il luogo ideale per creare una notizia falsa (senza l’indicazione dell’autore) da diffondere poi sui canali social.

Ma vediamo come la pensano gli altri.

Come gestire le fake news secondo Facebook e Google

Se infatti la diffusione di informazioni false era finora un fatto considerato accettabile, di fatto con l’elezione di Donald Trump e l’ammissione della diffusione di tantissime notizie fake, è partita la lotta virtuale per cercare di eliminarle o quantomeno limitarne la diffusione.

Qualche mese fa Facebook aveva annunciato che sarebbero state attuate delle modifiche, le quali però non sarebbero state finalizzate a censurare i post, ma semplicemente avrebbero avvisato l’utente che la notizia non è verificata.

Il social di Zuckerberg non si è quindi preso carico della responsabilità di eliminare articoli, delegando la scelta agli iscritti, come scrivevamo qui.

L’annuncio dall’azienda di Mountain View invece è differente e, se attuata nel modo corretto, probabilmente più efficace della soluzione adottata da Facebook.nuovo algoritmo fake news google

Google ha infatti deciso di disporre di circa 10 mila persone che controlleranno i contenuti del web e verificheranno che non contengano testi  considerati violenti, che istighino all’odio o razzisti.

Questi valutatori sparsi per i diversi paesi del globo verrano formati con un corso ed una guida di 200 pagine; le considerazioni da loro fatte, non avranno il vero e proprio potere di cancellare un’informazione, ma serviranno solo come consiglio per l’algoritmo del motore di ricerca che in questo modo avrà un parametro in più per la classificazione dei risultati.

Il controllo dei contenuti per la lotta al terrorismo: l’appello del G7

La questione del controllo dei contenuti pubblicati online non è un argomento valido per le fake news.

Come emerso al 43° G7 di Taormina, il problema della diffusione dei contenuti sul web deve necessariamente riguardare anche la lotta al terrorismo. I militanti dell’ISIS riescono ad attirare possibili foreign fighters anche grazie a video e testi su internet che richiamano alla lotta contro l’occidente incitando alla violenza.

L’appello delle nazioni partecipanti al G7 è incluso all’interno di un documento rivolto soprattutto ai famigerati “Tech Giants”: combattere il terrorismo di più e meglio filtrando i contenuti. Una forte esortazione a lavorare per sviluppare sistemi per bloccare la diffusione di scritti ed immagini che incitino alla violenza verso l’occidente.

Il lavoro dovrà essere svolto sia sui canali di diffusione di notizie, come potrebbe essere ad esempio Google, che sui social network come YouTube, Twitter e Facebook, piuttosto che su forum o gruppi di conversazione.

Teresa May, primo ministro inglese, dopo l’attacco a Manchester ha dichiarato: “E’ importante non fare errori: la lotta si sta muovendo dai campi di battaglia ad internet”.

Google migliora il suo algoritmo grazie all’aiuto degli esseri umani

Ancor prima dell’incontro di Taormina, Google aveva annunciato nuove modifiche all’algoritmo per migliorare i risultati delle ricerche.

Oltre alle linee guida lasciate alla squadra che setaccerà i contenuti dei siti d’informazione, Google introduce anche la possibilità agli utenti di lasciare un feedback e di esprimere la propria opinione in merito ad argomenti ritenuti inappropriati.

Attraverso un bottone posizionato sotto la maschera della ricerca, chiunque potrà segnalare siti di scarsa qualità o d’incoraggiamento alla violenza, compilando un form e giustificando la propria posizione.

Un altro parametro che si aggiunge alle già numerose possibilità date dall’algoritmo.

In questo modo sulla prima pagina di Google non avremo per forza i siti più cliccati, ma quelli che offrono gli scritti più utili e soprattutto autorevoli nonché in linea con quanto cercato.

Questa scelta dimostra come i parametri impostati tramite un programma automatico da soli non bastino a fermare il fenomeno delle fake news o di contenuti inopportuni.
Ad oggi la soluzione umana è ancorala più affidabile e con minor possibilità di errore. La nostra mente è infatti in grado di contestualizzare ogni storia tenendo in considerazione moltissimi aspetti dopo una sola lettura veloce.

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