Antropologia del dono: il significato dei regali secondo Marcel Mauss

Sempre meno doni sotto l’albero di Natale. È la fotografia scattata dall’Ufficio Studi Confcommercio, che ha condotto un’indagine sull’andamento dei consumi durante le festività del 2020. La spesa complessiva per i regali è calata in media nazionale del 18% rispetto allo scorso anno. Nel nostro Paese si rinuncia, spesso, allo scambio di pensieri tra adulti, per non fare mancare ai piccoli qualche giocattolo tanto atteso: dalla ricerca emerge come un cittadino su quattro abbia deciso di non comprare presenti per familiari ed amici.

Complice l’emergenza Coronavirus? In parte sì, ma non è tutto. Andando indietro nel tempo, possiamo leggere che, nell’ultimo decennio, la tendenza a donare in occasione del Natale sia scesa progressivamente ogni anno. Dati alla mano, Confcommercio evidenzia un decremento del 30% dal 2009 ad oggi.

Dalla crisi economica alla pandemia, ogni Natale è buono per una stretta sui regali. Senza dubbio, il potere d’acquisto delle famiglie italiane si è ridotto notevolmente, ma non sempre donare dipende dalla disponibilità economica. Le scelte di consumo nascondono una dimensione psicologica. In una fase storica di preoccupazione ed instabilità, come quella che stiamo vivendo, bypassare l’impegno dei regali di Natale non è soltanto conseguenza di un portafoglio vuoto. È anche indice di scoraggiamento, di mancanza di socialità, di scarso entusiasmo di fronte alla festività che i nostri nonni consideravano la più importante dell’anno.

Il valore sociale del dono

Abbiamo dimenticato, forse, che cosa significhi, davvero, scambiarsi regali a Natale. L’antica radice della parola “dono” indica la creazione di una relazione sociale. Secondo i principi dell’economia classica un bene ha due valori: d’uso, perché soddisfa un bisogno; di scambio, perché procura altri beni. Il dono ne aggiunge un terzo, il valore di legame: un prodotto donato crea nuovi legami, oltre a rafforzare quelli esistenti. Gli antropologi, studiando le società tradizionali, hanno scoperto che, proprio attraverso i doni, anche piccoli e di valore economico modesto, gli uomini instaurano relazioni sociali, incorporate negli oggetti.

Un bene che si riceve da un proprio caro è depositario di memoria. Secondo Marcel Mauss, nipote del padre della sociologia, Émile Durkheim, ed autore del magistrale “Saggio sul dono” (1924), negli oggetti donati esiste un’anima, che li lega a colui che li dona. Tale forza fa sì che ogni oggetto, prima o poi, tenda a ritornare al suo proprietario sia nella sua forma originaria, sia sotto forma di altri doni equivalenti. Mauss, in particolare, fa riferimento all’hau, un concetto che per i Maori della Nuova Zelanda esprime un’essenza vitale insita negli esseri umani.

Comparando ricerche etnografiche di Franz Boas e Bronisław Malinowski, Mauss spiega che, quando un prodotto viene donato ad altri, lo spirito dell’oggetto cerca di ritrovare il suo luogo d’origine. Secondo l’antropologo francese, i doni conservano una forza trasmessa dalla persona che li fa. Questo perché sono una sorta di prolungamento degli individui, che si identificano nelle cose che possiedono e che scambiano.

Il triangolo donare-ricevere-contraccambiare

A differenza di uno scambio mercantile che si basa sull’abolizione immediata del debito, l’obbligo di restituire il dono è morale, non contrattuale. Il dono, infatti, implica una forte dose di libertà. Non ci sono regole e tempi rigidi o sanzionabili, ma solo fiducia. Allora perché sentiamo, spesso, il dovere di contraccambiare? Il contro-dono, potendo avvenire con scadenze non codificate, trasforma il tempo in legame. Il dono instaura uno squilibrio positivo, che crea e tiene viva la relazione, garantisce unione tra chi dona e chi riceve: donando impegniamo il nostro tempo e quello altrui perché speriamo che un’amicizia, un amore, un rapporto di lavoro continuino. Il dono è sempre una richiesta di fedeltà, in cui l’impegno a restituire è a scelta dell’altro, il dono vincola e libera al tempo stesso.

L’esagerata premura di sdebitarsi di un obbligo è una forma di ingratitudine.

François de La Rochefoucauld

Perché donare significa fare luce sul legame

Quando regaliamo qualcosa a qualcuno, compiamo anche un atto personalizzato. Regaleremo, probabilmente, qualcosa che ci piace, ma tenendo presenti i gusti e le caratteristiche del destinatario. Pertanto, in quel dono ci sarà qualcosa di noi e qualcosa di chi lo riceverà, perché gli oggetti sono ricettacoli di identità.

A Natale, allora, donare non dovrebbe avere nulla a che fare con consumismo ed “ansia del regalo”. Celebriamo la nascita anche ricevendo in dono gli uni agli altri. Per tutti, credenti o no, fare regali significa fare luce. I Romani con i Saturnali celebravano il prevalere del Sole sulle tenebre. Per il Cristianesimo, invece, la luce è quella di Dio. Il Natale, in qualche modo, è il “compleanno di tutti”, per questo ricordiamo di scambiarci doni, un modo completamente umano per rendere visibile, in tutta la sua verità, lo stato delle nostre relazioni.

Le immagini raffigurano le sculture dell’artista statunitense Susan Lordi

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