Come funziona il marketing sociale nel settore del non-profit

non profit

Viviamo in un periodo storico caratterizzato da un grande sovraffollamento attorno al concetto di giusta causa. Le organizzazioni appartenenti al mondo non-profit (comunemente chiamato no-profit) operano all’interno di un mercato concorrenziale, proprio quanto le aziende nel mondo profit.

Partendo dal concetto basilare secondo cui “differenziarsi è l’unico modo per sopravvivere in un ambiente altamente concorrenziale”, nasce l’esigenza per le ONP di trovare un posizionamento ben definito sul mercato, comunicando la propria identità e guadagnandosi la fiducia del pubblico di riferimento. Nasce il concetto di Marketing Sociale: strategie e tecniche di comunicazione specifiche per le organizzazioni attive nel terzo settore. Molte domande sorgono spontanee intorno a questo argomento. Di cosa si tratta esattamente? In cosa si differenzia rispetto al marketing che generalmente viene utilizzato per il mondo profit?

Con l’espressione “marketing sociale”, introdotta nel 1971 da Philip Kotler, si intende “l’utilizzo delle strategie e delle tecniche del marketing per influenzare un gruppo target ad accettare, modificare o abbandonare un comportamento in modo volontario, al fine di ottenere un vantaggio per i singoli individui o la società nel suo complesso”.

Un po’ come avviene nel mondo profit, si può avvertire una certa concorrenza anche tra le ONP, ormai numerose e spesso molto simili nella loro “buona causa”. Tuttavia, ciascuna ha proprie specificità: ecco perchè è necessaria una strategia di marketing sociale: serve a creare l’identità e il posizionamento, comunicando la mission in modo chiaro, trasparente e, soprattutto, personalizzato.

Meglio bandire le spettacolarizzazioni, le immagini crudeli o le parole troppo fredde o vittimistiche: una ONP deve raccontare la realtà dei luoghi in cui opera sì, ma con delicatezza. Deve informare senza sconvolgere, mostrare senza impressionare, coinvolgere senza “pressare”.

Per approfondire il tema del marketing sociale, abbiamo chiesto aiuto a Clara Castellucci, libero professionista da anni impegnata in questo particolare settore.

Cos’è il marketing sociale e in cosa si differenzia dal marketing utilizzato nel mondo profit?

Clara: “Credo che prima di tutto si debba distinguere tra marketing e comunicazione, prima ancora che tra marketing per il profit e per il non profit. Se pensiamo al marketing come all’insieme degli strumenti che rendono un prodotto “attraente” per il consumatore, la comunicazione è invece ciò che permette di “mettere in comune” e trasmettere dei messaggi o una narrazione complessa.”

Nel mondo del no-profit dove non si vende un prodotto ma proprio un messaggio, un’idea, un’ideale, questo strumento diventa fondamentale.

C.: “Chiaramente il marketing sociale deve prendere spunto dalle tecniche del marketing classico, ma non deve mai dimenticare, a mio parere, che non stiamo individuando un bisogno per creare profitto attraverso la vendita di prodotto, ma dobbiamo trasmettere un messaggio di importanza verso una causa sociale. “

Perché è nata l’esigenza di fare questa distinzione?

C.: “Il marketing sociale riporta a tecniche specifiche di quello che viene chiamato fundraising, ovvero di tutto ciò che concerne la pianificazione strategica per la raccolta fondi che sta alla base di qualsiasi ente del terzo settore.

La differenza principale sta nel fatto che nel marketing sociale non si può parlare di incontro tra domanda e offerta, ma tra la volontà o il desiderio di offerta e l’effettiva realizzazione dell’offerta dalla quale non ricevi nulla in cambio se non una emozione. Nel marketing sociale non abbiamo “clienti” ma possibili donatori, sostenitori, attivisti ai quali non si offrono prodotti e servizi ma emozioni positive, valori sociali, adesione morale ad una causa, fiducia.”

Il marketing sociale è uno strumento indispensabile per lo sviluppo di qualsiasi ONP o esistono eccezioni?

C.: “Credo sia fondamentale per tutti nell’accezione più ampia del concetto ovvero nel momento in cui si considera anche la comunicazione sociale e il fundraising.

C’è chi punterà più su un aspetto piuttosto che un altro. Chi rafforzerà alcune tecniche piuttosto che altre, ma l’obiettivo rimane quello di dirigere le persone a cui ci si rivolge a compiere una azione o ad aderire ad un ideale.”

Considerando che la comunicazione per le ONP non vuole vendere un prodotto o servizio, quali sono gli obiettivi da raggiungere attraverso il marketing sociale?

C.: “Gli obiettivi sono specifici per ogni ONP che deve portare a sé la persona che si sente vicina a quella causa specifica. Le ONP devono essere molto chiare nell’identificazione della loro mission e della loro vision che sono alla base di tutte le comunicazioni e di tutti i messaggi rivolti ali utenti.

Se nel marketing si cercano i clienti che hanno quel bisogno, nelle ONP cerchiamo le persone che vogliono credere nella nostra causa.

Possiamo utilizzare 3 parole chiave per descrivere gli obiettivi di marketing sociale: fare, sapere, credere. Nel primo caso si vuole condurre il nostro target a fare qualcosa (cambiare il proprio stile di vita e mangiare meglio, ridurre il consumo di plastica, ecc.), nel secondo caso vogliamo far sapere qualcosa (sai cosa succede se consumi troppo alcol? Sai cosa sta succedendo in Libia oggi?) e nel terzo caso dobbiamo portare le persone a credere in un ideale, sposare una causa.

Il coinvolgimento emotivo e la creazione di un rapporto sintonico, sinergico, empatico e fidelizzato con le persone che si avvicinano alle ONP sono sempre leve fondamentali per questo tipo di comunicazione. “

Quali sono le strategie e le attività di comunicazione più indicate nel marketing sociale?

C.: “Le tecniche di comunicazione e di marketing si sono molto evolute nel tempo soprattutto con gli strumenti digitali e i social.

Credo che le ONP siano rimaste indietro per molto tempo su diversi aspetti, forse per mancanza di “cultura” della comunicazione o forse solo per mancanza di fondi destinati a questo tipo di attività. Col tempo però ci si è sempre più resi conto che la professionalizzazione e lo sviluppo di nuove strategie erano fondamentali per la sopravvivenza stessa.

Le tecniche di raccolta fondi si sono sicuramente affinate così come le tecniche di comunicazione che si sono evolute verso una maggiore digitalizzazione degli utenti che si volevano intercettare.

In questo momento storico sta avvenendo un vero e proprio avvicinamento tra il marketing classico e il marketing sociale al quale le ONP dovrebbero guardare con attenzione.

È sempre importante, però, trovare il bilanciamento giusto: da un lato omettendo i meccanismi tipici di leva all’acquisto come gli sconti, il 3×2, la definizione del target, d’altra parte però accogliendo un maggiore orientamento verso gli utenti, le loro esperienze e guardando sempre meno alle esigenze dei brand.

Bisogna considerare il cliente sempre più come una Persona e parlare alle sue Emozioni. Solo così diventa possibile puntare all’engagement oltre che alla semplice retention.”

Quali gli errori più comuni da evitare?

C: “Gli errori si fanno in continuazione. Credo si debba ancora sperimentare molto nel marketing sociale con il rischio quindi di sbagliare e non raggiungere il risultato sperato ovvero la fidelizzazione e la sensibilizzazione.

Credo però che uno degli errori più comuni nel nostro caso sia l’esibizione della sofferenza, l’azione della leva pietistica, l’eccessiva accezione sul senso di colpa e sulla spettacolarizzazione.

Nonostante molte tecniche del fundraising si basino anche su questo, l’ascolto del momento storico in cui viviamo potrebbe portare ad una narrazione nuova, diversa, relativa all’azione positiva più che sul pensiero negativo.”

Puoi farci un esempio pratico per capire meglio? Ci sono ONP che meritano di essere ricordate per aver saputo utilizzare efficacemente il marketing sociale?

C.: “Un esempio molto interessante di strumenti innovativi e che meritano di essere ricordati credo che sia quello di una Onlus tedesca, MISEREOR, che ha creato il “Social Swipe” ovvero un totem interattivo per la raccolta fondi.

Il totem, appositamente pensato per essere esposto in luoghi molto affolltati come gli aereoporti, mostra immagini davvero suggestive, come due polsi incatenati e un semplice copy come “liberalo”. Inserendo la carta di credito e strisciandola sull’immagine stessa, le catene si spezzano ed effettui la donazione.”

Lo strumento di marketing esperienziale permette all’utente stesso di mettersi in gioco, “entrare” nel problema e risolverlo con un proprio gesto.

C.: “In questo modo si coinvolgono le persone che poi saranno più propense a donare, a conoscere l’ente ad aderire ai suoi valori.

Questo esempio, ma ce ne sono molti altri, ci può portare a quella che credo sia una importante conclusione: il futuro è nella narrazione, nel racconto che va oltre la semplice comunicazione di intenti.

Le ONP devono trovare sempre modi nuovi e originali di raccontare il loro operato. Devono riuscire ad attrarre e coinvolgere il loro pubblico facendo chiarezza sul loro lavoro, sulla mission, sui valori e soprattutto sui risultati ottenuti per creare un legame sempre più stretto e basato sulla fiducia, sempre racconta una storia. La loro storia. “

Grazie Clara per questo prezioso contributo, che è poi anche parte della tua storia e quella di tante persone che dedicano una parte del loro tempo ad aiutare chi ne ha più bisogno!

Comunicazionemarketig socialemarketingno-profitnon-profit