E adesso i Rolling Stones le cantano a Donald Trump

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I Rolling Stones minacciano di fare causa a Donald Trump. Motivo del contendere, una canzone del celebre gruppo inglese che il presidente degli Stati Uniti d’America utilizza come colonna sonora durante i suoi comizi. Il pezzo si intitola “You can’t always get what you want” (Non puoi avere sempre quello che vuoi). Nessuno sa spiegare perché Trump lo abbia scelto, ma una cosa è certa: i Rolling Stones si sono già rivolti ad uno studio legale che sta lavorando con l’organizzazione Broadcast Music Incorporated, affinché il presidente sia diffidato dall’uso non autorizzato, e per niente gradito, della loro opera musicale a fini di propaganda politica.

Non è la prima volta che Trump viene pizzicato a “rubare” canzoni. Accadde anche nel 2016 quando, in occasione della sua prima campagna elettorale, il magnate si scontrò con gli eredi di un’altra icona del rock, Tom Petty. Allora Trump la fece franca; nonostante una diffida, continuò ad usare come base musicale per i suoi comizi una canzone dal titolo adatto alle sue ambizioni: “I won’t back down”, che tradotto significa non mi farò da parte!

Tom Petty

Adesso però la lotta è dura e rischia di sfociare in tribunale. Ciò non gioverebbe a Trump che, secondo i sondaggi, potrebbe essere sorpassato dallo sfidante Biden nella corsa alle prossime presidenziali. Il settantenne Mick Jagger ed i suoi irriducibili compagni dichiarano di fare sul serio, anche perché non condividono le idee di Trump. Parafrasando il titolo della canzone incriminata, hanno detto alla stampa mondiale che il presidente “non può avere sempre quello che vuole”, dunque deve cambiare almeno la sua colonna sonora.

Cosa dice la legge

Le norme in materia di diritto d’autore, negli Usa come in Italia, sembrano dare ragione alle pietre rotolanti. La legge riconosce, infatti, oltre ai diritti esclusivi di registrazione e riproduzione, anche il diritto di adattamento dell’opera. Cosa significa? Che soltanto l’autore può elaborare, modificare e trasformare il suo componimento. Se i diritti patrimoniali gravano sulla canzone per tutta la vita di chi l’ha composta e fino a 70 anni dopo la sua morte, nella battaglia Stones-Trump entrano in gioco soprattutto i diritti morali. Questi non hanno scadenza, sono validi per sempre perché non può cessare la “paternità” di una canzone.

Il diritto alla sincronizzazione

Ma adesso che le campagne elettorali si svolgono anche sui social, è fondamentale considerare anche il diritto alla sincronizzazione. Quando una canzone viene abbinata ad un video, in pratica si manipola ad uso riproduttivo. E allora la stessa deve essere commissionata, cioè composta da un soggetto terzo appositamente per il video, oppure licenziata, ossia acquisita da un editore per essere inserita nel video.

Broadcast Music Incorporated, una delle due più grandi organizzazioni statunitensi preposte alla protezione dei diritti d’autore sulle canzoni, equivalente alla Siae italiana, è un colosso sempre in crescita e sta lavorando sodo con i legali degli Stones. Dall’Europa si levano cori solidali agli artisti e perfino Vasco Rossi da Zocca ha sentito il bisogno di intervenire nella querelle, pubblicando un post di fuoco su Instagram. Insomma, forse è il caso che Trump cambi musica.

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