Giornalismo e social: le nuove strade dell’informazione

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Il giornalismo non si fa più (solo) sulla carta o in televisione. Non è un annuncio rivoluzionario, ma una presa di coscienza di come si sia trasformato il modo di informarsi e di fare informazione. I modi di fruire delle news e di produrle sono oggi profondamente diversi e i social sono una piattaforma di fondamentale rilevanza. Ma in quale direzione? Quali sono le lezioni innovative dei progetti di giornalismo multimediale e digitale? Che cosa intendiamo quando parliamo di giornalismo social?
Oggi approfondiamo la tematica del giornalismo multimediale, anche supportati dalle parole di Alessandro Tommasi, founder di Will Media, ospite di un interessante ECOffee condotto L’Eco Della Stampa. Potrete anche riascoltare l’intervista in qualsiasi momento a questo link.

Giornalismo social: cosa è cambiato?

Il  “Digital News Report” del Reuters Institute for the Study of Journalism del 2020 ha registrato un sorpasso, quello delle fonti online sulla televisione. Un segnale che ha confermato una tendenza in corso da anni. Non ci sorprende, infatti, che per informarsi si utilizzino formati e canali differenti. I social, Facebook e Twitter, per primi hanno trasformato il racconto delle notizie. Sono aumentate le voci, un fattore che ha permesso anche a molte testate indipendenti di emergere e presentarsi al pubblico. Allo stesso modo, la competizione è cresciuta così come la pressione per arrivare primi sulle notizie.

Ma la vera rivoluzione per il giornalismo social è avvenuta alla fine del 2019 e durante il lockdown del 2020. E protagonista di questa rivoluzione è stato Instagram. A differenza, infatti, degli altri social media, su Instagram non era possibile (o redditizio) inserire link che portassero gli utenti a visitare siti fuori dalla piattaforma. Che fare allora? Innovare il linguaggio, sviluppare nuovi formati, ma anche nuove professionalità per avvicinare le notizie alle persone lì, nei luoghi digitali che frequentano ogni giorno.

Oggi si fa giornalismo sui quotidiani, sui periodici, in televisione, su Twitter, su Facebook, ma anche su Instagram. E ancora in formato audio grazie ai podcast, nelle newsletter, su TikTok, su Twitch. I canali delle news si sono moltiplicati e con essi i linguaggi si sono fatti sempre più interessanti.

Cosa fanno le testate tradizionali

Guardando a ciò che fanno su Instagram le testate tradizionali, emerge un approccio di utilizzo del mezzo in evoluzione, ma ancora molto simile agli altri canali. Forti di community molto ampie, spesso ripropongono foto relative alle notizie del giorno e stories che funzionano come una sorta di rassegna stampa, in cui sono postati i link agli articoli pubblicati online.

Non sempre è così, naturalmente. Le sezioni dedicate ai social di diverse testate nazionali hanno sviluppato progetti interattivi, quiz, rubriche per informare gli utenti al ritmo dei social. Ma siamo ancora molto distanti da alcuni esempi statunitensi che hanno, invece, registrato la necessità di pensare al giornalismo multimediale e social in maniera autonoma.

E’ il caso del The Washington Post che alcune settimane fa ha pubblicato un’offerta di lavoro (scoperta grazie alla social media strategist @vatonutti) per un Instagram Editor, Climate. Una figura professionale dell’ambito social specializzata, contemporaneamente, su Instagram e sul cambiamento climatico che si occuperà di un canale dedicato. Chi verrà assunto non corrisponde all’idea tradizionale di chi si forma per lavorare come giornalista, ma segna chiaramente la direzione in cui ci stiamo muovendo.

Quando il giornalismo nasce su Instagram

Instagram è diventato, proprio dalla fine del 2019, uno spazio in cui l’informazione viene creata. E spesso gli attori di questa rivoluzione sono giovani. Preparati, ambiziosi e capaci di leggere i trend in corso e individuare il modo più efficace per parlare ai loro coetanei.

Il caso più interessante, nonché quello che in Italia ha fatto scuola è Will Media. Quasi 700mila follower su Instagram e una community giovane, attiva e interessata. L’obiettivo era fare informazione in maniera chiara e riconoscibile senza bisogno di far “uscire” da Instagram gli utenti. Ciò si è tradotto in una molteplicità di contenuti legati, però, da un’impronta tipografica forte, un colore, l’arancione, ricorrente e con i volti di giovani giornalisti che presentano le notizie nelle stories, nei reel, nei video: parliamo proprio di giornalismo multimediale o giornalismo social.

Si fa presto a considerare Instagram un’ecosistema social semplice. Ma sappiamo bene come si differenzi e permetta di creare contenuti anche molto diversi tra loro. Sin dalla fondazione, Will ha esplorato questa varietà utilizzando post con lunghe didascalie di approfondimento, caroselli, meme, stories parlate, infografiche e molto altro.

Will Media e gli altri: le best practice che fanno scuola sui social, ne parliamo con Alessandro Tommasi

Come ha raccontato Alessandro Tommasi, CEO e co-founder della start up ospite dell’#ECOFFEE del L’Eco della Stampa, “Will nasce dall’esigenza di includere sempre più persone nel dibattito pubblico e lavorare insieme per un mondo più sostenibile e trasparente”. Il tutto senza essere una testata giornalistica registrata – ma dando lavoro a diversi talentuosi giovani giornalisti – e senza un sito a cui rimandare.

Un altro elemento interessante dello sviluppo di Will Media che ci racconta di come l’informazione si sta evolvendo è la nascita di prodotti extra rispetto a Instagram che, ancora una volta, non rientrano nell’orizzonte dei media tradizionali. Pensiamo ai podcast, agli incontri con la community in giro per l’Italia, ai documentari dal mondo pubblicati su YouTube. Sono tutte modalità di veicolare messaggi con linguaggi diversi, pensati come semplici e accessibili.

Dicevamo che Will ha fatto scuola perché sono nati diversi altri canali di news e approfondimento per cui Instagram è il quartier generale. Per citarne solo alcuni, pensiamo a VDNews, Factanza, Torcha. Progetti accomunati non soltanto dal canale, ma anche dalla volontà di parlare a un pubblico di persone sensibili all’attualità che non si riconoscevano nei media tradizionali.  

Chi si occupa di informazione è, in questi casi, spesso under 30, specializzato nell’argomento di cui si occupa, non sempre iscritto all’Ordine dei Giornalisti. Quest’ultimo è un elemento che diventa secondario, nel momento in cui i giovani autori lavorano come giornalisti, verificando le fonti e proponendo contenuti accurati e curati. Ciò apre orizzonti professionali per la Gen Z. Chi sogna il giornalismo può creare il proprio progetto online e da qui sviluppare competenze che potrebbero diventare presto utili.

Non dimentichiamo, infine, quanto sia cresciuto il peso dei singoli giornalisti o professionisti dell’informazione che usano proprio Instagram (e gli altri social) per fare il proprio lavoro. 

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Chi volesse approfondire l’argomento, può ascoltare l’intervista ad Alessandro Tommasi, CEO e co-founder di Will nella Media Intelligence Arena del L’Eco della stampa. 

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