Ha senso l’AVE nei social media?

Recentemente la Professional Evaluation and Research (PEAR), una società di monitoraggio e ricerche sui media con sede in Sud Africa, ha varato un metodo innovativo per misurare il valore dei post sui social media: qualcosa di simile ed equiparabile al valore pubblicitario equivalente (AVE, metrica utilizzata dalle agenzie di tutto il mondo), ma costruito con una metodologia specificia per i social media.

Lo strumento permette di visualizzare quanto vale un singolo aggiornamento sui social network in termini monetari. Si calcola grazie a elementi come la portata, l’influenza e la credibilità. L’obbiettivo è quello di dare alle persone la capacità di vedere il valore monetario di eventuali aggiornamenti pubblicati, rapidamente e comodamente, a prescindere dalla piattaforma.

Con tutti i limiti che già contraddistinguono la valorizzazione economica di un articolo, si tratta di un approccio interessante e innovativo ai temi della misurazione e del ritorno economico degli investimenti.

Infatti, il grande ostacolo per i professionisti della comunicazione e per le aziende è ancora quello di comprendere il valore monetario di una presenza solida ed efficace (in termini di enagagement) sui social media.

Anche se molte aziende ne comprendono i benefici, quando arriva il momento di parlare del budget, chi decide ha ben poche informazioni da usare per considerare un’aumento della spesa digitale. Tradizionalmente, la pubblicità online ha beneficiato di questa lacuna guadagnandone in considerazione.

Volendo attuare un approccio più strutturato di ritorno degli investimenti nei social media possiamo seguire questi tre passaggi:

  1. Scegliere i principali indicatori di successo per lo scopo che la tua azienda vuole raggiungere (nuovi follower, engagement medio, iscrizioni alla newsletter e così via)
  2. Monitorare l’andamento di questi indicatori nel tempo
  3. Assegnare un valore monetario ad ogni unità di questi valori

Ma se parliamo di misurare il valore monetario dell’unità di misura più piccola, ovvero il singolo post social, il tema è ancora più complesso.

Le “rate card” di Facebook, Twitter e Linkedin per i contenuti sponsorizzati potrebbero aiutare, ma tanti aspetti come la popolarità e credibilità dell’autore non sarebbero presi in considerazione.

Quando e se ci sarà un AVE universalmente accettato per le reti sociali giustificare la spesa per le campagne social diventerebbe facile.

Sarebbe uno strumento molto utile per le agenzie e i loro clienti, ma anche per gli influencer che ne guadagnerebbero un notevole potere contrattuale.

Blogger, fotografi, artisti e utenti appassionati di ogni diverso canale sociale avrebbero così sotto mano un metodo semplice per proporsi ad agenzie o brand di tutto il mondo.

 

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