Ricomincio da me. Diventare imprenditrici in Afghanistan

Ricomincio da me. Quante volte, all’inizio di un nuovo anno, abbiamo espresso questo proposito. Adesso, mentre la distribuzione del vaccino ci fa vedere uno spiraglio di luce in fondo al tunnel della pandemia, ci sono donne che realizzano davvero il sogno di una vita: l’indipendenza. Non succede in un Paese evoluto, ma in Afghanistan, dove i diritti delle donne non contano niente. Non possono uscire da sole, non possono salire su un autobus guidato da un uomo, si trovano in un perenne lockdown. Eppure, grazie ad un’associazione italiana, Nove Onlus, a Kabul è in atto una piccola rivoluzione.

Si chiama Pink Shuttle il servizio di taxi dove driver e passeggeri sono esclusivamente donne. Le prime quattro autiste sono state formate per diventare imprenditrici. Al momento, vengono ancora supportate da Nove Onlus, ma presto saranno autonome. Come loro, altre dieci stanno studiando. L’organizzazione no-profit, che ha una sede a Roma ed un centro operativo a Kabul dal 2014, ha cominciato ad operare in Afghanistan attraverso un servizio di aiuti alle persone vulnerabili. Oggi offre diverse opportunità, come formazione professionale, programmi socioeconomici, sviluppo di imprese creative.

Uno dei taxi rosa di Kabul

Le donne di Kabul, analfabete nel 70 per cento dei casi, vengono istruite dalla A alla Z, nel rispetto delle tradizioni. Lo sportello a loro dedicato si è trasformato, ormai, in “Women in business hub”. Si tratta di un polo multifunzionale che accoglie, insegna a leggere e scrivere, per avviare gradualmente al lavoro. Inglese, computer, programmazione sono le materie fondamentali per chi aspiri a diventare imprenditrice, come le quattro ragazze che garantiscono il servizio di trasporto rosa in città.

Un premio all’Italia

Non è un caso che a Nove Onlus sia stato assegnato il Premio Koinè, nel novembre del 2020, in occasione della XXVI edizione di MedFilm Festival. “La storia del Pink Shuttle di Kabul sembra la sceneggiatura di un film – dichiara Ginella Vocca, presidente della rassegna cinematografica – è una di quelle piccole cose capaci di assumere un’importanza enorme per la vita delle donne. Abbiamo davvero bisogno di esperienze che ci riempiano di speranza per un mondo migliore”.

Per Arianna Briganti, vicepresidente di Nove, il premio Koinè è un prezioso incoraggiamento al cambiamento della condizione sociale, per la rottura delle costrizioni patriarcali e il superamento delle imposizioni sessiste.

Anche la first lady dell’Afghanistan, Rula Ghani, di recente, ha espresso gratitudine all’Italia e, soprattutto, all’organizzazione Nove Onlus per l’aiuto dato alle donne del suo Paese. Del resto, alcuni membri dell’associazione, come Alberto Cairo, vivono a Kabul da ben trent’anni e conoscono i bisogni della cittadinanza che, da tempo immemore, subisce gli effetti più devastanti della guerra.

L’iniziativa del Fatto Quotidiano

Della condizione femminile in Afghanistan, “il Paese peggiore del mondo in cui vivere se sei donna”, secondo il Time, tratta anche il libro che Il Fatto Quotidiano ha proposto ai lettori. In chiusura d’anno, è uscito l’ultimo numero della collana “Donne sul fronte”, intitolato “Afghanistan. Bulletproof diaries, cronache di una reporter di guerra”.

Attraverso le illustrazioni di Emilio Lecce, la corrispondente Barbara Schiavulli, direttrice responsabile di Radio Bullets, racconta come in un diario la sua lunga esperienza a Kabul. Da ventiquattro anni, Schiavulli segue le vicende del Medio Oriente, dell’Africa, del Centr’Asia. Dal Darfur alla Malesia, dallo Yemen a Gerusalemme (dove ha vissuto quattro anni). Vincitrice di numerosi premi, tra i quali il Premio Luchetta ed il Premio Maria Grazia Cutuli, la giornalista ha scritto da ogni parte del mondo, ma porta nel cuore soprattutto l’Afghanistan. Qui è già stata una trentina di volte ed intende tornare non appena sarà vaccinata contro il Coronavirus.

Barbara Schiavulli

Non è semplice raccontare la guerra attraverso il fumetto. Lecce c’è riuscito molto bene, ascoltando i racconti appassionati e studiando le fotografie di Schiavulli. Da un centinaio di storie, l’illustratore ha estrapolato quelle più significative, inserendo nel libro anche personaggi atipici, come un indovino.

Un webinar sull’Afghanistan

Per fare conoscere la situazione afghana, Il Fatto Quotidiano ha anche organizzato il 30 dicembre un incontro online, coordinato dalla giornalista Silvia D’Onghia. Tutti hanno espresso la stessa convinzione: non si può raccontare un Paese restando comodamente seduti alla scrivania.

La Banca mondiale ha reso noti in ottobre, proprio sull’Afghanistan, dati agghiaccianti. Delle 18 mila scuole presenti nel Paese, oltre la metà ha strutture fatiscenti; per quanto riguarda i bambini, sono 3,7 milioni quelli che non hanno avuto mai accesso all’istruzione.

C’è da lavorare molto e nessuno può pensare di farlo da qui. Il canale aperto con l’Italia da Nove Onlus e da professionisti dell’informazione, come Barbara Schiavulli, è un primo passo verso il cambiamento.

Il libro della collana “Donne sul fronte”
afghanistandirittidonnegiornalismoguerra